Trascorrere una notte fuori casa vuol dire dormire in un letto diverso da quello abituale, ad esempio, soggiornando in albergo, per un viaggio d’affari o per vacanza.
Ciò rende il nostro cervello addormentato simile a quello dei delfini e di certi uccelli. Infatti, a differenza di quanto accade normalmente, uno dei due emisferi cerebrali, ovvero, il sinistro, godrà di un sonno meno profondo: in pratica, resta semi-vigile e/o più sensibile ai rumori. Ecco perché, al mattino seguente, spesso, si avverte la sensazione di aver dormito male.
Alcuni ricercatori della Brown University di Providence, negli Stati Uniti, hanno svolto uno studio sul caso e pubblicato il risultato nella rivista Current Biology: «Nell’uomo, il fenomeno potrebbe avere un significato analogo a quello che ha nei mammiferi marini e negli uccelli, che mantengono un monitoraggio sull’ambiente nelle ore in cui sarebbero più vulnerabili ai predatori.»
Gli esperimenti hanno coinvolto 11 volontari, che si sono sottoposti a tecniche di neuroimaging: così, l’attività cerebrale di ognuno è stata analizzata durante il sonno, per due giorni, in un luogo non abituale, quindi, diverso dal solito.
Si è scoperto che si innesca un preciso meccanismo ‘’di protezione’’ nel nostro cervello, che è stato definito come ‘’effetto della prima notte’’.
Anche se il grado di asimmetria nell’attività dei due emisferi è inferiore rispetto a quello dei mammiferi marini, la differenza è balzata subito all’occhio, sorprendendo i ricercatori: tutti i soggetti hanno presentato la stessa condizione, anche se più marcata in chi, oltre a non riposare bene, faceva anche fatica ad addormentarsi. La situazione, però, andrebbe a normalizzarsi nella seconda notte fuori casa.